Un’assunzione frequente di non-cibi, come lo zucchero, le farine raffinate, gli edulcoranti artificiali, alcol o i cibi ricchi di sale, di glutammato, o di grassi idrogenati, fritti o comunque alterati, può fortemente squilibrare il nostro equilibrio endocrino, portandoci a mangiare più del dovuto e a ricercare i cibi ancora ricchi di questi non-nutrienti. Tali sostanze sono state chiamate interferenti endocrini (endocrine disrupturs) proprio per la loro capacità di indurre risposte alterate nel nostro metabolismo.
Uno dei meccanismi più studiati, da questo punto di vista, è quello legato all’insulina (ormone secreto dalle cellule β del pancreas). Quando il livello di zuccheri nel sangue (glicemia) si eleva, il pancreas secerne insulina allo scopo di abbassarlo. Si tratta di un meccanismo del tutto naturale, che si verifica ogni volta che mangiamo del cibo (l’insulina infatti aiuta l’assorbimento cellulare anche di aminoacidi e acidi grassi), tanto che l’assenza completa di insulina (così come avviene per i diabetici insulino-dipendenti) è incompatibile con la vita.
Ciò che non è per niente naturale è la forte impennata zuccherina conseguente all’assunzione di cibi contenenti zucchero aggiunto, che può fortemente alterare i nostri equilibri endocrini. Nella preistoria, le sole fonti di zucchero erano legate alla frutta, che è costituita quasi interamente da acqua e che pertanto ha un carico glicemico molto basso. Tanto più che la frutta preistorica non era ancora stata selezionata, come oggi, per dimensione e dolcezza. Quindi si trovavano solo piccoli frutti come bacche acidule e con un basso contenuto di fruttosio. Oggi invece, quasi ogni alimento industriale (non solo i dolciumi, ma anche il mais, i piselli, il ketchup) è zuccherato per essere reso più gradevole, con quantità di zucchero sconosciute alle nostre origini.
Per capire l’entità del discorso basta fare qualche calcolo. Un uomo adulto di taglia media possiede circa 5 litri di sangue. In questi 5 litri (glicemia a digiuno 90 mg/100 ml, ematocrito 45) nuotano solo 2,5/3 g di zucchero. Se assumiamo anche solo una tazzina di caffè, zuccherandola con una bustina intera (da circa 6 g), nel giro di 3 minuti questo zucchero si aggiungerà a quello presente nel nostro sangue, portando la glicemia a 280 mg/100 ml. In realtà ciò non avviene, perché molto prima il pancreas avrà secreto un’elevata quantità d’insulina, atta a mantenere il controllo della glicemia. Ma quella “pompata” di insulina, che era sconosciuta al nostro pancreas preistorico, provocherà diversi danni: indirizzerà il surplus zuccherino verso la costruzione di grassi, blinderà le cellule adipose impedendo di mobilitare il loro contenuto, genererà uno stato infiammatorio e porterà pian piano ad un esaurimento del pancreas fino a generare iperglicemia o diabete.
Se alla tazzina di caffè sostituiamo un bicchierone di bibita gassata zuccherata che contiene circa 15-20 g di zucchero (lo vedete nella dicitura “di cui zuccheri”), con effetti devastanti sul nostro equilibrio glicemico, sul nostro appetito e sul nostro ingrassamento. Effetti simili si hanno con 100 g di brioches o biscotti, oppure con un piatto di pasta bianca. Tutto questo non avviene se assumiamo frutta fresca e olio di oliva.
E poi qualcuno pensa che sono le calorie a farci ingrassare?
Solo un’adeguata comprensione di questi meccanismi può permetterci di mantenere con poca fatica un peso perfetto o permetterci di dimagrire in modo stabile e duraturo. È ora di cambiare rotta e iniziare a seguire percorsi di salute sensati che superino il concetto di caloria e che riportino su basi scientifiche più solide la scienza dell’alimentazione.
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